Un atto di amore per la scuola di Bianca Seciu, II B
A
inizio dicembre il “Volta” è stato occupato tre giorni, è
successo tra il 5 e il 7 dicembre. In quei giorni gran parte degli
studenti non ha partecipato alle lezioni. Ci sono stati dibattiti,
assemblee, momenti creativi. E nelle due notti c’è stato anche chi
ha dormito nell’edificio.
Non
tutti i ragazzi del Liceo hanno preso parte alla protesta con le
stesse motivazioni. Tra loro c’è stato chi l’ha fatto per
saltare le lezioni senza conoscere i motivi per cui la scuola è
stata occupata e chi ha scelto di aderire a questa lotta.
Contribuendo anche all’organizzazione e al servizio d’ordine
della stessa.
Circa
un quarto degli iscritti ha invece scelto di restare a casa. Tra
questi molti dell’ultimo anno che hanno preferito dedicarsi allo
studio e concentrarsi sull’esame di maturità. Alcuni tra loro sono
entrati a scuola e hanno deciso di fare lezione regolare.Federico
Bollano, II B
(foto), è tra coloro che hanno scelto di non partecipare
all’occupazione. In disaccordo con le motivazioni. “Se non
sbaglio – spiega Federico – tra i motivi della protesta c’era
la privatizzazione delle scuole e le strutture scolastiche in degrado
oltre alle ore di insegnamento ridotte e ai tagli alla scuola
pubblica. Non essendo d’accordo con questi punti ho deciso di non
partecipare. Penso che la nostra scuola non sia una struttura in
degrado e che invece ce ne sono altre che sono restate chiuse da
alcuni mesi perché non sicure per gli alunni”. Federico dà anche
qualche suggerimento, ai promotori, che potrebbe far sì che in
futuro anche lui ne sia interessato: “Secondo me, per far sì che
l’occupazione avesse avuto più successo si sarebbero dovuti
ospitare quei ragazzi che non hanno la possibilità di occupare la
loro scuola. In questo modo avrei sicuramente partecipato, perché
tutti i motivi dell’occupazione sarebbero stati validi”.
Marco
Bichi (foto)
IV D, rappresentante d’istituto, fa un’analisi opposta. “I
risultati dell'occupazione si potranno percepire più avanti e non
tanto nell'immediato. Ho notato comunque molta partecipazione e mi
sono anche sorpreso di quante persone abbiano aderito e di quanti ci
abbiano dato una mano per organizzarla”. Oltre alla soddisfazione
per la riuscita dell’azione, Marco dà significati più politici
all’evento: “L'importanza dell'occupazione sta proprio nella
presa di coscienza di una situazione tragica della scuola pubblica
italiana; e anche nella reazione a questa situazione. Penso che
l'occupazione sia il modo migliore per esprimere il nostro dissenso.
Vorrei approfittarne per ringraziare tutti coloro i quali ci hanno
aiutato ad organizzarla”.
Tra questi :-)Jacopo Taverna (foto), IV E, tra l’altro impegnato nel servizio d’ordine: “Abbiamo occupato – spiega - per protesta verso il sistema e i provvedimenti che sono stati presi nei confronti della scuola da parte del governo: tagli alla “pubblica” e stanziamento di fondi alle “private”, legge Aprea, ore di insegnamento ridotte. Ho occupato perché penso sia l’unico modo in cui noi come studenti - e in particolare i minorenni che non votano - possiamo manifestare il nostro malcontento”.Un ritaglio de La Stampa del 1971. Allora il Volta si chiamava Quinto
Tra questi :-)Jacopo Taverna (foto), IV E, tra l’altro impegnato nel servizio d’ordine: “Abbiamo occupato – spiega - per protesta verso il sistema e i provvedimenti che sono stati presi nei confronti della scuola da parte del governo: tagli alla “pubblica” e stanziamento di fondi alle “private”, legge Aprea, ore di insegnamento ridotte. Ho occupato perché penso sia l’unico modo in cui noi come studenti - e in particolare i minorenni che non votano - possiamo manifestare il nostro malcontento”.Un ritaglio de La Stampa del 1971. Allora il Volta si chiamava Quinto
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