giovedì 28 febbraio 2013

Quel cane di Stylo's

 Un rapper in classe, di Patrizia Millone, II B

Alberto Marzola, II A, è già più che una promessa del rap. I suoi video, su YouTube, sono stati visti da molt
i.

A quanti anni hai iniziato ad interessarti al rap?
Ho iniziato ad ascoltarlo tra la fine della prima media e l’inizio della seconda. Ho invece iniziato a scrivere dall’estate della seconda media, ho registrato il mio primo pezzo nell’ottobre del 2011”.
Hai già inciso un disco o fatto un concerto?
Aver inciso un disco è un po' un "frasone" per usare un eufemismo. Ho registrato un ep, che puç essere paragonato a un disco ma ha parecchie differenze. Insomma è una cosa più leggera. Con un po’ di presunzione credo di poter dire che il progetto su cui sto lavorando sia molto meglio (per quanto riguarda tecnica e contenuti) dell’ep. Inoltre ho fatto delle feste e cantato live, ho fatto un concerto organizzato da me ed è sempre andato tutto bene con molta partecipazione ma anche in questo sto puntando a fare le cose più in grande”.
Di che cosa parlano le tue canzoni?
Non hanno un argomento preciso, parlo di quello che penso e ciò che vivo, credo di rispecchiarmi in ogni canzone che ho
scritto e questa penso sia una cosa 
fondamentale”.
Hai scritto una canzone sulla scuola?
Proprio sulla scuola no…probabile che in qualche pezzo (raccontando quello che faccio) abbia parlato della scuola ma non in maniera specifica”. Ed ecco un testo di Stylo’s Doggysempre rischiato il tutto per tutto mai fatto grana mai fatto brutto nei discorsi subito al succo svelo l’ inganno rivelo il trucco poche morali tanta morale pochi rimpianti lacrime amare giù il bicchiere che ti fa male vodka tequila limone salemi hanno sempre detto vai piano io forest corri ora loro mani in mano io fiato corto tempi corti polmoni in fiamme e bocca asciutta 15 anni quasi alla frutta se mi riprendo fra falla tutta che ne ho bisogno a dirla tutta ho il tempo scandito dagli avvenimenti ti guardi intorno tutti contenti pronti a criticare i tuoi fallimenti pc cuffie sul letto non ragiono i suoni li imprigiono conta su di me contaci che ti perdono.

Bimbi forever?


I fumetti come svago, di Matteo Musso, III D
Molti pensano che leggere fumetti sia “da bambini” o, al massimo, “da ragazzini”. Invece un recente sondaggio tra gli alunni del nostro liceo ha dimostrato il contrario.
E’ risultato infatti che circa il 75% degli studenti legge fumetti; e di questi il 45% sceglie Manga, il 30% fumetti americani, italiani ecc. (Tex, Zagor, Marvel). Tutti gli altri o non leggono o hanno altre letture. La maggior parte di chi ha risposto al nostro sondaggio afferma che legge per divertimento e relax ma non solo; interessante è il commento di Mattia Comandone (17 anni, III D) che risponde così: “Leggo fumetti perché mi piacciono i disegni". Da qui si può capire che i motivi che spingono le persone, soprattutto i giovani, a leggere non è solo divertimento ma anche interesse effettivo alla cultura ed al lavoro che gira intorno alla costruzione di queste proposte. Inoltre molti ne diventano collezionisti.
Per chi non apprezza i fumetti ci sono varie spiegazioni. Ma è interessante la risposta di Sikder Nisat (16 anni, III D). “Non leggo principalmente perché non ho tempo, ma soprattutto perché a me i fumetti piacciono visti in televisione". Dunque, nel suo caso, non è un rifiuto totale ma una semplice preferenza per i cartoons che dei fumetti sono parenti stretti. Roba da bambini? Non si direbbe.

Distrazione fatale


Quasi tutti su Facebook, di Martina Ravizza, III F
Soprattutto tra i giovani Facebook gode di grande successo. Il numero degli iscritti è enorme e tra questi anche i liceali sono davvero tanti. I motivi per cui si è su FB sono motivi diversi. C’è chi entra per conoscere nuove persone, chi per approfondire meglio i legami che già si hanno, chi semplicemente perché è “alla moda”. Chi lo usa per lavorare.
Insomma Facebook è ormai diventato parte integrante della vita quotidiana di uno studente. Pochi mancano all’appello. Ogni giorno tantissimi ragazzi guardano abitualmente il loro profilo o quello dei loro amici, “postano” foto e condividono stati. Ormai FB sa tutto di tutti; e non è sempre positivo. Infatti come testimoniano diverse ricerche - l'ultima condotta recentemente da Peter Buxmann dell’Università di Darmstadt e da Hanna Krasnova dell’Università Humboldt a Berlino Facebook - rende infelici.
Dicono gli esperti che FB genera “grande invidia alla quale veniamo sottoposti ogni qualvolta leggiamo le notizie sulla vita dei nostri amici e conoscenti che, anche se nella maggioranza dei casi amplifica la realtà dei fatti; ci può far sentire inferiori e ci stimola quindi a dare un’immagine migliore rispetto a quella offerta dagli altri. Oltre a questi fattori psicologici Facebook distrae: ci sono tantissimi ragazzi che, invece di studiare, passano il proprio pomeriggio leggendo gli stati altrui”.
Passiamo dalle opinioni degli esperti a quelle dei ragazzi: “Entro soprattutto per partecipare ai giochi virtuali - spiega Christian Vaiana, II F -, e per chattare con le persone. Solitamente ci passo circa due ore, due ore e mezzo al giorno”.
Opinione diversa quella di
Valeria Fava, sempre III F: “Secondo me Facebook ha molte utilità: mi serve per staccare dallo studio, organizzare eventi e parlare con persone che vivono lontane. Inoltre credo che sia anche un buon risparmio rispetto agli sms o alle chiamate via cellulare. Purtroppo ci passo solo mezz'ora al giorno, perché lo studio non mi permette più distrazioni. Riesco però anche ad entrare dal cellulare”.
Ma, al di là dell’utilizzo, che cosa ne pensano più in generale? “Ogni tanto è una distrazione, perché è sicuramente più interessante vedere ciò che succede in rete piuttosto che studiare argomenti scolastici - aggiunge Christian -, però per altri versi è positivo: permette di conoscere nuove persone. Credo che sia molto utile sotto certi aspetti, ma certamente distrae e, soprattutto quando bisogna studiare può diventare problematico”.
Ovviamente il fatto che quasi tutti gli studenti abbiano Facebook implica una piccolissima percentuale di quelli che invece non lo usano oppure neanche sono registrati. Forse è proprio verso queste persone che si concentra l’interesse della maggioranza degli iscritti. In terza B ci sono due ragazzi che non sono su Facebook. E le loro ragioni sono, in questo momento, più interessanti rispetto a quelle di chi invece c’è. Il primo è Valerio Marengo che ci spiega perché non vuole entrare sul social più famoso: “Alle medie non avevo il computer e quindi non potevo registrarmi; adesso potrei entrare, ma non ne sento il bisogno. Se ci sono dei problemi con la classe e ho bisogno di risolverli uso il cellulare”. Il secondo è André Manrique, la pensa quasi allo stesso modo, anche se ogni tanto entra su Facebook usando i profili dei suoi amici. “Non potevo registrarmi su questo sito perché fino a qualche anno fa non avevo internet. Adesso invece ce l'ho, ma non mi sembra sia assolutamente necessario. Poi, comunque, se ho bisogno di vedere qualcosa di importante entro con il profilo dei miei amici oppure li sento tramite cellulare”.
Infine abbiamo sentito un rappresentante del nostro laboratorio di giornalismo, per capire come Facebook possa diventare utile per gli articoli e i lavori che prepariamo. “Secondo me è molto utile per noi, perché è un metodo veloce e gratuito. Noi del laboratorio - spiega Chantelle Bourcier II D -, abbiamo un gruppo su Facebook e lì carichiamo file che sono bozze degli articoli, oppure Giancarlo Emanuel ci comunica i progetti per i prossimi numeri”. Si tratta di un gruppo chiuso.
Perciò alla fine, tranne pochi esclusi, Facebook è considerato utile da quasi tutti gli utenti, anche se molti concordano sul fatto che sia una distrazione allo studio. 

La S-Volta multietnica


Nel nostro istituto si parlano ben 18 lingue, anzi 19, di Filippo Musti II D
Dal Bengala agli Stati Uniti. Gli studenti del Volta provengono da tutto il mondo! Sono 18, senza contare gli italiani, le nazionalità presenti, considerando anche allievi nati in Italia ma con genitori di origini straniere. Nello specifico: Argentina, Bengala, Bolivia, Brasile, Cina, Ecuador, Egitto, Filippine, Iran, Marocco, Moldavia, Perù, Romania, Spagna, Stati Uniti, Svizzera, Tunisia e Ucraina.
Sui 944 studenti della scuola, 89 sono stranieri, il 9,4 per cento.
Una cospicua maggioranza relativa, italiani a parte, è rappresentata da rumeni (36) e marocchini (12).
Come si trovano questi studenti nella scuola? Si sono integrati normalmente? I contrasti linguistici-culturali rappresentano per loro ostacoli sotto il profilo relazionale? Pare di no.
Ammr Mohamed (2Ds) è nato in Italia, ma i genitori sono di origine egiziana. Dice: “La lingua per me non è un problema; parlo italiano persino con gli altri studenti egiziani che conosco. Uso la mia lingua madre solo se capita di dover dire una parola che non conosco. Non ho nessuna difficoltà nel socializzare”. Tutto bene? Pare di no. Precisa: “C'è ancora chi parla di razzismo”.
Cambiamo continente e andiamo nel lontanissimo Bangladesh. Da lì arriva Nisat Sikhtar (3D). Lei è in Italia da quando aveva 5 anni. Ora fa terza ma ha ancora qualche difficoltà seppur minima nel parlare l'italiano. “Il linguaggio – spiega - per me non ha mai rappresentato un problema nel socializzare e mi sento perfettamente integrata”.
James Passalacqua (3D), statunitense ma di origini italiane, ha scelto di passare un anno di studio da noi per scoprire la nostra cultura ed imparare la lingua.
Dunque un approccio diverso. Difatti spiega: “Per me la lingua è un vero ostacolo durante lo svolgimento delle lezioni, ma non mi ha di certo impedito di farmi degli 
amici, mi trovo bene nella mia classe ed ho fatto conoscenza con numerosi studenti di altre sezioni”. Ed i compagni cosa ne pensano di lui?
Per loro James è un vero valore aggiunto; infatti, sebbene si sforzi il più possibile di parlare in italiano, con lui è molto più facile dialogare in inglese, un esercizio molto più fruttuoso dello studio sui libri. E la professoressa di inglese Rossella Bernascone, che lo ha come allievo in una sua classe, è tutt’altro che critica sulla sua presenza: “James ha aiutato nell'utilizzo dell'inglese in tutte le classi in cui è stato. E' un supporto linguistico non solo per i compagni ma anche per noi docenti; mi capita spesso di consultarlo per ricevere conferme ma soprattutto per capire le differenze fra inglese-britannico ed inglese- americano”.
Ma James è una mosca bianca, rispetto al più complesso quadro relativo alla presenza di nuovi italiani nelle nostre scuole. Rossella Bernascone dissente da chi pensa che la loro presenza rallenti la velocità di insegnamento e di ricezione da parte degli allievi: “Avere in aula alunni di varie nazionalità non rallenta i programmi né ostacola l'apprendimento degli altri allievi. Insegno in una classe con diversi stranieri di cui uno non conosce minimamente la nostra lingua ma non ho nessuna difficoltà

Vodafone uber alles


Al telefono, di Edoardo Aralla III D
Il gestore preferito dagli studenti del Volta è Vodafone. I risultati della nostra inchiesta parlano chiaro e vedono il gestore inglese in netta maggioranza rispetto alla concorrenza. Meno della metà degli studenti intervistati preferisce altri operatori. Tra questi Donato: "Io preferisco Tim – dice - perché ha tariffe molto più convenienti”. C’è però, secondo Donato, un difetto di non poco conto in quanto incide sulle finanze: “L’ unico problema è che in molti tra quelli cui telefono hanno operatori diversi e le promozioni come i messaggi gratuiti e le chiamate illimitate valgono solo verso chi ha il mio stesso operatore e quindi le uso molto poco". Oltre agli operatori più diffusi, come Tim, Wind o Tre, c’è anche chi, ovviamente, si rivolge ai gestori cosiddetti “minori”. E’ il caso di Davide, per esempio. Lui usa UnoMobile, appartenente alla catena di supermercati Carrefour. Perché una compagnia così fuori dal coro? "Più che una scelta volontaria è stata obbligata: inizialmente avevo TIM. Poi mi è successo un inconveniente: dovevo partire per un viaggio studio in Irlanda. Ho deciso di prendermi una ricarica da 50€. Sono così andato al Carrefour e ho acquistato una scheda ma a casa mi sono accorto che la ricarica era per UnoMobile e non per Tim. Così, per non perdere i soldi spesi, sono passato a UnoMobile". Parliamo ora di cellulari, cioè i telefonini. Manco a dirlo, girando per i corridoi del Volta, si può anche notare che il più diffuso è l' iPhone. Sia che si tratti del modello più vecchio, sia che gli studenti abbiano il nuovissimo “5”. Dopo il cellulare della Apple, il più usato, anche in questo caso nei vari modelli, è il Samsung.
Perché gli studenti preferiscono l’ iPhone? Claudia lo spiega così: “L’ho comprato perché mi piace molto la tecnologia e voglio avere sempre l' ultimo modello di qualsiasi cosa. Poi mi piace perché non è semplicemente un telefono ma puoi farci tante cose, come se fosse un computer tascabile. Devo anche ammettere che ho deciso di prenderlo perché faceva tendenza e lo avevano molti dei miei amici”. Come noto, l’uso dei cellulari è vietato a scuola durante le lezioni. Quasi tutti confessano però che li usano anche a scuola, anzi in aula. Che fanno? Messaggiano con gli amici, magari mentre i professori spiegano, altri li usano per andare su facebook. Altri ancora, semplicemente, giocano.

Il bar interno che scoperta!


Una novità apprezzata, di Chiara Miele, II D

Da quest’anno, il Volta ha un’alternativa alle macchinette: è il bar che offre cibi pronti caldi, fatti sul momento, come ad esempio piadine, pizzetti, toast, pizze, hot dog. Ci sono anche nuove proposte riguardo al cibo come pasti surgelati, risotti, lasagne e insalata.
A differenza delle macchinette che vengono rifornite ogni settimana con prodotti a lunga conservazione, il bar è rifornito ogni giorno di ingredienti freschi.
Da quando il bar è aperto molti studenti hanno preferito pranzare a scuola piuttosto che mangiare al kebab o al Mc non soltanto per motivi salutari ma anche economici.
Secondo un sondaggio gli alunni comprano soprattutto nel primo intervallo brioches, caffè o cibi dolci, mentre al contrario nel secondo intervallo preferiscono mangiare cibi salati come piadine, pizze, panini e bibite frizzanti.
Come ci spiega Chiara Raganato, II D, nell’intervallo, soprattutto andare al bar “è un momento d’incontro tra studenti di classi diverse”.
Non solo, il bar interno ha, secondo Chiara, altri vantaggi: “E’ molto utile quando si studia a scuola, se si deve fare corsi di recupero o laboratori, non essendoci il né il problema né il bisogno di andare a casa”. Per lei inoltre c’è una novità: non mangiava quasi mai fuori, mentre ora è diventata quasi una abitudine.
Gli stessi concetti sono di Tommaso Sgrizzi, II D. “Ho scoperto – spiega - la differenza tra il mangiare al bar (panini pronti o lasagne), piuttosto che andare al kebab o altre cose ti questo genere”. Ed bevidentemente ne è rimasto piacevolmente colpito.
Insomma, da questo rapido giro tra gli studenti del Volta emerge chiaro che mangiare cibi di qualità anche se a un prezzo più altro non è poi così male.

Solo per donne vere

Kite surf e flag football, di Chantelle Bourcier IID
Nell’era dei computer e della tecnologia, c’è ancora qualcuno a cui piace uscire di casa e
fare sport. Nel nostro liceo la maggioranza degli studenti lo fa. Lo sport più gettonato è il nuoto. Al secondo posto troviamo la pallavolo e ce lo conferma Federica Cocchia, 3E, agonista da cinque anni, nella Labor Volley: si allena quattro volte a settimana. A sorpresa, solo terzo il calcio.
Infine, c’è chi si dedica a sport meno modaioli. Come Stefano Vidori, che fa atletica leggera. Gli chiediamo se conosce altri studenti del Volta che praticano atletica e la sua risposta non lascia spazio a dubbi: “No, nessuno”. In effetti l’impegno richiesto è notevole: “Mi alleno tre volte a settimana in inverno e quattro in estate”. Un caso davvero originale è quello di Elena Bevione, 2D. Lei gioca a flag football. Pochi sanno cosa sia: “E’ uno sport simile al football americano, però meno violento. Infatti non c’è molto contatto fisico”. In effetti si tratta di una disciplina poco conosciuta. Ma Elena è già quasi una veterana. Tra l’altro, non essendoci in città una squadra femminile è costretta a giocare tra i maschi: “Lo pratico da tre anni e tutto é iniziato quando nella mia vecchia scuola ho fatto un corso ad educazione fisica. Le partite sono d'estate quindi posso giocare solo quando sono a Torino”. L’assenza di una formazione per le donne è dovuta alle poche iscrizioni. Ed Elena si fa allora promotrice: “Chiunque volesse farlo o anche solo provare sarebbe ben accetto, pochi conoscono questo bellissimo sport”. C’è poi Valeria Fava, che praticava windsurf durante l'estate, ma grazie a suo padre è venuta a conoscenza del Kitesurf: “Già da piccola ero esaltata. Ora il Kite è la mia droga! Mi appassiona e mi dà un'adrenalina incredibile”. Cosa pensano i Prof di educazione fisica, riguardo il rapporto tra i giovani e lo sport? Annalisa Lobello risponde così: “Nella mia carriera, la maggior parte degli allievi che ho avuto, non fanno attività fisica se non a scuola nelle ore di ginnastica”. 

Ogni giorno 40 Km



Viaggiare per studiare, di Alessandro Demaria, II D
San Benigno Canavese. Venti km da Torino. Andrea deve voler molto bene al Volta, per il sacrificio che ogni giorno fa per andare e tornare da scuola. Come lui sono tanti gli studenti che arrivano dalla provincia, complice la vicinanza con Porta Susa che è davvero vicinissima a via Juvarra. Tutta gente che al mattino si sveglia molto presto per poter prendere la coincidenza che gli permetterà di arrivare all’ora giusta per l’entrata a scuola. Sono persone che conducono una vita frenetica e pesante: svegliarsi tutta la settimana alle sei del mattino per prendere assolutamente un pullman strapieno, arrivare a casa alle due o alle tre! Non è facile. “E’ un piccolo sacrificio da fare per frequentare una scuola prestigiosa come il liceo Volta ma lo faccio volentieri” ci dice Lia Chilà abitante di Caselle Torinese. Per lei e per molti come lei (come in altri istituti) esiste una deroga che consente di entrare cinque minuti dopo il normale orario di chiusura delle porte che avviene alle otto e dieci. Un altro problema di questi studenti, come ci dice Cristiano De Grandis di Volpiano, sono i troppi scioperi e i tagli delle linee da parte dell’azienda dei trasporti pubblici GTT: “Ora i treni passano molto meno e con orari assurdi, basti pensare che quando esco all’una e dieci, per partire devo attendere le due meno cinque!”. E c’è poi il problema dei prezzi. Per Andrea Pieragostini, il nostro compagno che arriva da San Benigno i costi sono eccessivi. Sono in molti a pensarla come lui. C’è invece chi sostiene che le tariffe sono ragionevoli perché GTT offre un giusto servizio. “Vorrei abitare più vicino alla scuola” questo è il desiderio finale di Andrea Cotterchio abitante di San Gillio, paesino vicino a Pianezza. Sospira: “Avrei più comodità e non mi dovrei alzare troppo presto al mattino”, però come ci 
dice Nicolò Rattalino, da Druento, e molti altri: “Non amo Torino è troppo espansiva, preferisco il paese”.

 

Bilancio occupazione


Un atto di amore per la scuola di Bianca Seciu, II B
A inizio dicembre il “Volta” è stato occupato tre giorni, è successo tra il 5 e il 7 dicembre. In quei giorni gran parte degli studenti non ha partecipato alle lezioni. Ci sono stati dibattiti, assemblee, momenti creativi. E nelle due notti c’è stato anche chi ha dormito nell’edificio.
Non tutti i ragazzi del Liceo hanno preso parte alla protesta con le stesse motivazioni. Tra loro c’è stato chi l’ha fatto per saltare le lezioni senza conoscere i motivi per cui la scuola è stata occupata e chi ha scelto di aderire a questa lotta. Contribuendo anche all’organizzazione e al servizio d’ordine della stessa.
Circa un quarto degli iscritti ha invece scelto di restare a casa. Tra questi molti dell’ultimo anno che hanno preferito dedicarsi allo studio e concentrarsi sull’esame di maturità. Alcuni tra loro sono entrati a scuola e hanno deciso di fare lezione regolare.Federico Bollano, II B (foto), è tra coloro che hanno scelto di non partecipare all’occupazione. In disaccordo con le motivazioni. “Se non sbaglio – spiega Federico – tra i motivi della protesta c’era la privatizzazione delle scuole e le strutture scolastiche in degrado oltre alle ore di insegnamento ridotte e ai tagli alla scuola pubblica. Non essendo d’accordo con questi punti ho deciso di non partecipare. Penso che la nostra scuola non sia una struttura in degrado e che invece ce ne sono altre che sono restate chiuse da alcuni mesi perché non sicure per gli alunni”. Federico dà anche qualche suggerimento, ai promotori, che potrebbe far sì che in futuro anche lui ne sia interessato: “Secondo me, per far sì che l’occupazione avesse avuto più successo si sarebbero dovuti ospitare quei ragazzi che non hanno la possibilità di occupare la loro scuola. In questo modo avrei sicuramente partecipato, perché tutti i motivi dell’occupazione sarebbero stati validi”.

Marco Bichi (foto) IV D, rappresentante d’istituto, fa un’analisi opposta. “I risultati dell'occupazione si potranno percepire più avanti e non tanto nell'immediato. Ho notato comunque molta partecipazione e mi sono anche sorpreso di quante persone abbiano aderito e di quanti ci abbiano dato una mano per organizzarla”. Oltre alla soddisfazione per la riuscita dell’azione, Marco dà significati più politici all’evento: “L'importanza dell'occupazione sta proprio nella presa di coscienza di una situazione tragica della scuola pubblica italiana; e anche nella reazione a questa situazione. Penso che l'occupazione sia il modo migliore per esprimere il nostro dissenso. Vorrei approfittarne per ringraziare tutti coloro i quali ci hanno aiutato ad organizzarla”.
Tra questi
:-)Jacopo Taverna (foto), IV E, tra l’altro impegnato nel servizio d’ordine: “Abbiamo occupato – spiega - per protesta verso il sistema e i provvedimenti che sono stati presi nei confronti della scuola da parte del governo: tagli alla “pubblica” e stanziamento di fondi alle “private”, legge Aprea, ore di insegnamento ridotte. Ho occupato perché penso sia l’unico modo in cui noi come studenti - e in particolare i minorenni che non votano - possiamo manifestare il nostro malcontento”.Un ritaglio de La Stampa del 1971. Allora il Volta si chiamava Quinto

mercoledì 27 febbraio 2013

Chi siamo

Siamo i ragazzi del Liceo Volta di Torino che sotto la direzione del giornalista Giancarlo Emanuel ci occupiamo di scrivere articoli di vario genere riguardanti la nostra scuola nel suo complesso.
Attraverso il nostro piccolo giornale documentiamo tutto ciò che avviene nell'istituto, dagli interessi e le attività di alunni e professori ai progetti della scuola ed i suoi rapporti con l'esterno.
Il nostro obiettivo è animare l'ambiente scolastico.Vogliamo mettere in luce i problemi interni, attivare un'interazione vivace fra allievi e professori assieme a tutti coloro che passano alcune ore della loro giornata all'interno del Volta.
Perchè noi scriviamo per  persone "vive" che devono saper discutere ed attraverso il dialogo promuovere attività, risolvere problemi e creare un'atmosfera armoniosa nel nostro istituto.
Accettiamo critiche, consigli, proposte di collaborazione ed invitiamo tutti  gli studenti ad aggregarsi al gruppo!